Comunemente quando usiamo il termine “gotico” lo accomuniamo ad un certo periodo storico, più o meno il medioevo, nel quale si sviluppò uno stile architettonico ben diverso da quelli precedenti e, forse di conseguenza, una scrittura influenzata esteticamente dal verticalismo di certe costruzioni. Indubbiamente si possono stabilire connessioni, vuoi di contenuto vuoi di forma, tra mezzi d’espressione contemporanei seppure tanto differenti, ma un conto è avvertire un quasi inconscio apparentamento mentre ben altro far derivare una genesi formale da un’altra, apparentemente più importante poiché legata all’architettura.
Ma partiamo da questa. Nata nel dodicesimo secolo nella zona parigina dell’Ile de France andò rapidamente diffondendosi lasciando imponenti testimonianze nelle cattedrali di Reims e Rouen, di Notre-Dame di Parigi, di Bourges e Chartres. Tutte in Francia, cerchiamo di tenerlo a mente, pure se la maggior parte di noi attribuisce al gotico ascendenze teutoniche, e gotico pare essere lo stile di Odino. Il gotico passò in Germania nella seconda metà del tredicesimo secolo, ricordiamo la cattedrale di Colonia, di Marburgo, di Norimberga. L’abbazia di Westminster che la televisione ci illustra in occasione delle cerimonie di corte, è forse il miglior esempio di gotico Britannico. Non è certo questa l’occasione più propizia per celebrare i fasti dei costruttori dell’epoca, però ci preme far notare come il movimento gotico, adottando un differente modo di costruire, sia riuscito ad unificare le espressioni architettoniche europee sotto il segno di un rinnovamento non solo tecnico ma, sostanzialmente, ideologico. Ed è chiaro come e perché dalla chiusa e pesante bellezza del romanico si sia passati alla luminosità delle vetrate che ornano le 160 finestre di Chartres.
E la scrittura gotica? chiederete voi. Certo tende pure essa al verticale ma per ragioni di compattezza ed economia d’ingombro. Va sempre più uniformandosi per entrare di diritto nelle Università dove il lavoro degli scribi non è più valutato per la capacità di interpretare ed abbellire le singole lettere bensì per la adozione di un più diffuso codice di lettura. E come il Vasari definisce con disprezzo “gotico”, dunque barbaro, lo stile che adotta l’arco acuto così molti intellettuali del primo rinascimento italiano chiameranno gotica, con senso di malcelata superiorità, quella scrittura. Nata da precise esigenze editoriali e favorita dall’adozione della penna larga.