Giancarlo Iliprandi

Giancarlo Iliprandi è nato a Milano nel 1925. A vent’anni interruppe gli studi universitari, nella facoltà di medicina e chirurgia, per iscriversi all’Accademia di Brera, dove rimase per otto anni, frequentando i corsi di pittura e scenografia. Terminata l’Accademia ha voluto ampliare verso la grafica, il proprio interesse artistico, venendo subito a trovarsi a contatto con le esperienza e le persone più avanzate in questo campo. Iniziava così l’attività professionale di graphic designer dopo l’incontro con Bruno Munari nel 1950, collaborando agli allestimenti di Achille Castiglioni e Pier Giacomo Castiglioni, con Max Huber. Lo scorso anno «Rassegna grafica» gli dedicava una breve monografia riassuntiva e così quest’anno la rivista «Gebrauchsgrafìck». Nel ’58 ad un allestimento realizzato secondo suo progetto, in una sala del padiglione Montecatini alla Fiera di Milano, veniva conferito un premio della Federazione Italiana Pubblicità. Recentemente ha presentato alla televisione una serie di propri lavori di pittura, illustrazione e grafica applicata, nel corso del ciclo di trasmissioni dedicate ad otto artisti grafici del Giugno-Radio TV.
(testo originale apparso in Serigrafia n.17 – agosto 59)

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Chi vorrebbe comperare profili. Lo scorso anno erano alfabeti, quest'anno abbiamo cambiato. Ma resta la vaga reminescenza letteraria. Profili. Confesso di subire il fascino del profilo, del lineare non modellato. Da quando mi sono invaghito di Madame Pollaiola.
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Bisognerebbe andare più indietro nel tempo. Al profilo greco. Purissimo. Purissimo non lo diciamo noi. E' una definizione classica per il profilo classico. Così, pensando alla Grecia, viene istintivo il raffronto con il carattere più usato attualmente.
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Andiamo più indietro. Gli Egizi raffiguravano ogni cosa di profilo. Mescolando la rappresentazione ortogonale. Cioè usando liberamente di proiezioni frontali e laterali. Ma i caratteri Egizi, perché sono definiti tali?
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Uno di Piero non può mancare. Orrendo vizio questo di accantonare il cognome, per fingere dimestichezza. Certo: Dante, Raffaello, Galileo. Ma il Gianni (Agnelli o Rivera secondo il contesto) l'Umberto o il Silvio (per chi legge attuale) piuttosto che addirittura Karol. Che moda sciatta.
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Anche un pittore di ovali preraffaelliti, come Raffaello, riesce a regalarci un profilo aggressivo. Viene voglia di accoppiarlo alla geometria innovatrice di Luca Pacioli. Di stamparci sotto le rampe di Urbino. Di anticipare addirittura il Bodoni.
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La moglie dell'architetto, di Carrà. Mancano compassi e squadre, ma abbiamo cercato di interpretare lo sguardo un poco annoiato. Metafisico è il termine esatto. Siano mogli di architetti, piuttosto che di grafici, salvo rari casi, lo sguardo è proprio questo.
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Correva l'anno del Signore che più non ricordiamo. Picasso ruotava attorno ai volti per disegnarne il fronte ed il profilo con un unico tratto, la regina di Utzmal si lasciava ritrarre con fissità sdegnosa e Federico di Montefeltro sedeva in Urbino proprio dove noi sediamo oggi.
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Occorrerebbe saper disegnare cordoni ombelicali, ritrovare il tratto di Leonardo o quello, ancor più freddo e maniacale, di certi grandi illustratori nei tratta ti medici del secolo scorso.
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I caratteri che useremo saranno il Forma, il Modulo, del quale purtroppo non si è conclusa la produzione, il Dattilo, persino uno germinato durante la ricerca che definimmo «Bastardone» essendo nato da famiglie, molto diverse tra loro, ibridate secondo una analisi percettiva.