La rivista
Quaranta anni di grafica italiana sulle copertine di Serigrafia di Marta Sironi
Giancarlo Iliprandi e le virtù dell’illeggibilità di James Clough
Serigrafia è una rivista nata nel 1956 per documentare gli sviluppi tecnici e applicativi del sistema di stampa serigrafico. Questo viene riconosciuto come “quarto sistema di stampa” dopo la tipografia, la litografia (che ha trovato applicazioni industriali nel sistema offset) e la rotocalco (i cui principi affondano nelle tecniche di incisione). Negli anni ’50 del secolo scorso l’avvento dei tessuti in poliestere (come il Terital) e la formulazione di gelatine fotosensibili adatte alle applicazioni su questo genere di tessuti fanno sì che il sistema di stampa serigrafico – le cui origini vengono fatte risalire ai Fenici e ai Cinesi – possa trovare crescenti e importanti applicazioni industriali. Nasce un settore nel quale le aziende italiane divengono un riferimento sia nell’ambito degli stampatori serigrafi che nella costruzione di macchine da stampa, di inchiostri di tessuti e gelatine per i telai.
Almo Zuliani, esperto di tecniche di stampa – suo padre Ruggero aveva fondato e diretto a Legnago (VR) una xilografia per la produzione di caratteri tipografici in legno e mobilio per stabilimenti di stampa – e appassionato d’arte fa nascere la rivista alla quale dà il nome del sistema di stampa, Serigrafia. Il periodico, bimestrale, cresce velocemente in foliazione e tiratura con l’aumentare del numero di laboratori ed aziende che adottano questo versatile sistema di stampa per soddisfare la domanda di stampati per i settori più disparati. La serigrafia d’arte è solo una delle innumerevoli applicazioni ma per la nuova testata diviene l’emblema: per i primi quindici anni, quindi per un totale di circa 90 fascicoli, ogni copertina viene affidata ad un artista che progetta una immagine ad hoc che verrà poi stampata in serigrafia*. Zuliani grazie alla conoscenza di grafici e artisti e alla frequentazione della libreria Salto di Milano viene in contatto con una serie di artisti e designer di primo piano che firmano le copertine dal 1956 al 1972. Copertine che raccontano uno scorcio dell’arte italiana di quegli anni, dal movimento MAC alla op-art in un periodo fecondo che vede l’affermazione degli artisti e soprattutto dei designer italiani nel mondo. Dal 1973 nasce un sodalizio con l’amico Giancarlo Iliprandi che progetterà 19 serie di copertine fino al 1992, anno nel quale l’Editore trasformerà la rivista con un progetto che non prevede più la “copertina d’autore”.
*A realizzarle alcuni tra i più importanti stampatori serigrafi: da Lucini a Frassinelli fino ad Alberto Serighelli di Arte 3 che ha curato tutte le “serie” di Iliprandi delle quali venivano stampate anche grafiche numerate e firmate.
Quaranta anni di grafica italiana sulle copertine di Serigrafia
di Marta Sironi
La rivista Serigrafia viene fondata nell’ottobre 1956 da Almo Zuliani, editore appassionato d’arte e di tecniche di stampa, con l’idea di sfruttare la copertina come un saggio tecnico ed espressivo, affidandola di volta in volta a un diverso interprete. L’iniziale direzione artistica della rivista è affidata all’esperto di serigrafia Aristide Drusiani (in arte Ary) autore delle prime tre copertine che replicano uno stesso modello figurativo – soggetto e relativa ombra – per evidenziare anzitutto le potenzialità spaziali della serigrafia. Ma la passione per l’arte di Zuliani nutrita dalla frequentazione della Libreria Salto, il cenacolo artistico più significativo nella Milano degli anni cinquanta, porterà a una prima inversione di marcia già dalla quarta copertina del 1957 che propone un’opera astratta del pittore Atanasio Soldati da poco mancato. Si avvia così una più stretta collaborazione con gli artisti del Movimento di Arte Concreta (MAC) protagonisti delle esposizioni della Libreria Salto dove si ritrovano a discutere e ad acquistare volumi d’arte e di grafica internazionali di cui i fratelli Salto erano allora i principali fornitori. Nonostante per tutto il 1957 si mantenga la testata disegnata per il lancio, in copertina prevalgono le interpretazioni astrattiste di Gianni Monnet e Leonardo Spreafico. Ma le annate più significative sono le successive, in particolare il biennio 1958-1959, quando gli artisti del MAC sono affiancati dai giovani grafici e le copertine di Serigrafia diventano un banco di prova e di confronto tra arte, fotografia e grafica.
A cavallo tra gli anni ’50 e ‘60
Agli artisti del MAC, tra cui Gillo Dorfles e Galliano Mazzon, capeggiati da Bruno Munari – grande sostenitore della serigrafia come mezzo per realizzare opere limitate più facilmente avvicinabili dal pubblico – si aggiunge la sperimentazione cinetica di Enzo Mari anch’essa potenziata dalla serigrafia che favorisce la ricerca di “accostamenti di spazi di uguale dimensione ma colorati in modi diversi” da cui nasce la “sensazione di nuovi spazi e una nuova regola ottica sull’uso delle superfici colorate di misure diverse”. Accanto alle sperimentazioni artistiche, avanzano anche le prime applicazione dei giovani grafici, primo per apparizione Franco Grignani, con una copertina solo tipografica e Michele Provinciali che chiude il 1957. Seguiranno l’anno successivo Pino Tovaglia, A.G. Fronzoni, Armando Testa (con collages di tulle e ricami), Renato Consigli e infine Giuliano Confalonieri e Ilio Negri (siamo già nel ’62) che riproducono un timbro postale per ricordare “che la più importante possibilità della serigrafia nelle sue applicazioni pratiche è di stampare colori chiari su fondi scuri”. Tra i multipli d’arte e le sperimentazioni dei grafici, si collocano le traduzioni grafiche di fotografie con i saggi di Sandro Pessina (’57) e Giancarlo Iliprandi (’59). Tale varietà di prospettiva genera l’esigenza di dichiarare quanto realizzato in copertina in modo da costruire progressivamente un campionario orientativo di applicazioni. In questa direzione è da interpretare il cambiamento attuato dal 1965 quando le sei copertine sono affidate a Franco Grignani che può pertanto proporre una serie coerente di lavori. Ugualmente l’anno successivo le sei copertine sono affidate al ‘gruppo op’, un collettivo di studenti dell’Umanitaria diretto da Giancarlo Iliprandi, che usa ciascuna copertina per sperimentare un aspetto specifico del linguaggio optical. Il problema tecnico, al contempo didattico, è preso molto seriamente da Iliprandi tanto che dedica una pagina all’interno della rivista con la spiegazione tecnica che a partire dal problema posto arriva alla relativa soluzione, con immagini che evidenziano l’intervento serigrafico.
Dal ’67 le “serie” di Iliprandi
L’efficacia di sei copertine affidate a un solo interprete sembrata la soluzione più efficace per lo stampatore e al contempo d’interesse per un grafico sperimentatore come Iliprandi tanto che dal 1967, per un trentennio, sarà l’unico autore delle copertine di Serigrafia che riservavano al grafico un’inedita possibilità di mettere a fuoco temi e sperimentazioni tecniche.
Il primo tema indagato da Iliprandi è il ritratto di cui nel 1967 sperimenta varianti stilistiche, da una composizione accademica fino alla massima stilizzazione, passando dal new liberty al pop.
Nei tre anni successivi (1968–69–70) Iliprandi torna sul ritratto a partire da proprie fotografie rendendole grafiche attraverso l’inserimento di cornici e di diverse sovraimpressioni cromatiche.
Nel ’71 è sospesa per un anno la collaborazione di Iliprandi, probabilmente per il desiderio dell’editore di non abbandonare completamente le possibilità applicative in ambito artistico, ma già dal ’72 tornano le sei interpretazioni del designer che chiude il ciclo sul ritratto con un ironico puzzle di sei copertine a comporre un volto femminile, disegnato con sintesi e colori pop.
Il cambio di registro di ciascuna annata dimostra come le copertine di Serigrafia fossero intese da Iliprandi come uno spazio di verifica creativa, tanto che rispecchiano sue sperimentazioni tecniche ma anche momenti biografici. È il caso, per esempio, del 1973 anno della separazione con la moglie che viene registrato da copertine che sono enigmatici quanto sofferti telegrammi grafici: “impossibile sopravvivenza stop cielo sporco stop acqua inquinata stop verde bruciato stop silenzio distrutto stop chiese vuote stop città intasate stop amore morto stop”.
Gli anni dell’impegno sociale
Nel 1974, quando l’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica (AIED) usa il suo manifesto Basta una pillola (del ‘67) per chiedere l’abrogazione della legge contro l’uso della pillola anticoncezionale, anche sulle pagine di Serigrafia Iliprandi sviluppa una campagna di sensibilizzazione verso temi d’interesse collettivo, avendo l’infanzia come questione di fondo. Sono anni di particolare impegno sociale della grafica di Iliprandi e le copertine di Serigrafia ne ripropongono i temi. Anche la serie delle mani del 1975 – ironicamente riferite a simbologie chiromantiche – deriva da due grafiche emblematiche dello stesso periodo: il manifesto di denuncia della violenza nei centri storici e l’incisione Costrizione non è soluzione dove al posto dell’anello nuziale compare del filo spinato.
La grafica italiana si confronta con le grandi agenzie internazionali
Nella seconda parte degli anni settanta si avverte un cambiamento in parte imputabile alla fine della stagione d’oro della scuola milanese di grafica e all’irruzione delle agenzie internazionali, con il prevalere di un gusto pop americano. Le interpretazioni di Iliprandi sembrano assumere un ruolo critico e autoriflessivo attraverso gli omaggi ad artisti vicini e lontani. Si ricorda il ciclo del 1976 di d’après dall’arte di tutti i tempi, da Piero della Francesca a Picasso, su cui interviene con l’arcobaleno, in sintonia con quanto realizzava per le cucine RB Rossana ma anche e soprattutto le commosse riflessioni grafiche delle copertine del 1978 sul lavoro dei colleghi Albe Steiner, Pino Tovaglia e Ilio Negri che in pochi anni erano mancati improvvisamente a sottolineare la fine di un’epoca. Un passaggio che introduce l’atteggiamento postmodernista caratteristico degli anni ottanta dove il gusto per il revival di Iliprandi si esplica in una serie di profili ripresi dall’arte antica, e da Leonardo in occasione del 500° anniversario delle morte (1983), ma anche negli omaggi ai primi maestri della grafica, dai cartellonisti alla generazione precedente la sua, da Marcello Nizzoli a Erberto Carboni. In questi stessi anni inizia anche la serie di copertine di sperimentazione tipografica che caratterizzerà le ultime annate, soprattutto dal 1986 contestualmente allo studio degli alfabeti che Iliprandi affronta per le stampanti ad aghi della Honeywell. Sarà questo il tema prevalente dell’ultimo decennio, fino alle tre annate, 1993, 1994, 1995, rimaste inedite e che ora il sito di Serigrafia propone mostrando anche l’ultima frontiera dell’indagine di Iliprandi sul segno grafico che dalla tipografia torna al gesto calligrafico e pittorico.
Giancarlo Iliprandi e le virtù dell’illeggibilità
di James Clough
Negli anni settanta fino a non molto tempo fa, negli ambienti di grafica e nelle scuole dove si insegnavano la progettazione grafica, si sentiva spesso l’espressione «testo e immagine». Il testo, generalmente nella forma di una colonna, ma anche di una didascalia o di un titolo, veniva considerato da diversi punti di vista. C’erano alcune decisioni da prendere da parte del grafico: occorreva scegliere il carattere da adoperare per la composizione; assicurare la buona leggibilità del testo in un certo corpo e con la colonna di una certa giustezza. La leggibilità era un mantra di sacra importanza.
Sebbene queste considerazioni siano ancora valide per la gran parte dei progetti grafici, il testo era pensato praticamente solo come qualcosa da leggere. Molto raramente veniva pensato come qualcosa da leggere e anche da guardare, come un’immagine. Tuttavia, i calligrafi sapevano, e sanno, che il testo può essere soprattutto immagine. Altri (pochissimi) sapevano che era possibile sovvertire il canone «testo e immagine» e realizzare testi decifrabili solo con un certo sforzo da parte del lettore oppure, addirittura, realizzare testi completamente illeggibili.
Il gioco di Iliprandi con testo e immagine
Giancarlo Iliprandi, o Ili come i suoi amici lo chiamavano, aveva ben capito il forte e provocante gioco del testo come immagine grafica già dagli anni sessanta, come testimoniano alcune copertine di Serigrafia (ad esempio il numero 58 del 1967). Ili era un maestro di grafica, un artista di lettere e di immagini astratte e figurative di ogni genere. Per un’opera grafica si sentiva a suo agio scrivendo lettere con una stilografica o con un pennarello, ma anche disegnandole geometricamente. Con l’ultima copertina della serie «molto liberamente dʼaprès» il grande giocatore anticipa una nuova serie (1977) di sei copertine di solide maiuscole geometriche e senza occhielli. Su ogni copertina della serie vediamo una sola parola spezzata in più righe e con le lettere in uno, due o tre colori che occupano l’intera copertina. In ogni caso il lettore deve esercitare uno sforzo per decifrare la parola; ma siccome l’immagine delle lettere è sempre accattivante, possiamo sperare che i lettori di Serigrafia siano stati incentivati e che abbiano accettato volentieri di stare al gioco. Comunque, almeno per questa serie, Ili dà un suggerimento ai lettori con le sue righe all’interno della rivista: sulla prima riga leggiamo: «Come posso parlare di te?». E leggendo ciò che segue scopriamo che Ili non si riferisce a una signora, ma bensì alla serigrafia. Per ogni numero della serie solo l’ultima parola della prima riga cambia: Cosa posso scrivere di te? Bella e trasparente? Bella e versatile? Bella e fedele? ecc. Ognuno dei sei testi è un elogio alle diverse qualità che distinguono la «Signora Serigrafia».
Riconoscimenti a Steiner, Negri e Tovaglia
Per le sei copertine del 1978, continua il gioco delle parole con omaggi a tre maestri della grafica scomparsi pochi anni prima: Albe Steiner, Ilio Negri e Pino Tovaglia. La serie inizia con la parola stile dedicata a Steiner, schizzata da Ili con un pennarello a imitazione di un carattere «helveticoso»; segue un’altra copertina, sempre dedicata a Steiner ma in contrasto con la precedente, vediamo a parola LINEA in pesanti maiuscole lineari ripetute cinque volte, e con l’alternanza di una lettera nera con una bianca, così per riempire la copertina a mo’ di scacchiera. Per la seconda delle due copertine dedicate a Ilio Negri, tornano i giochi di sfida ai lettori e occorre rotare la copertina di 90° per decifrare la parola TEAM, in maiuscole geometriche disegnate con perfetta precisione, bianche su fondo nero. Il risultato, prima della decifrazione, sembra una struttura architettonica in ferro che successivamente diventerà un condominio. Occasionalmente il nostro adopera un carattere (oggi si direbbe font, come Ili ci ricorderà più avanti); e l’omaggio a Pino Tovaglia con la parola AMORE sembra in Helvetica – ma allora il mondo non ne era così strapieno come lo è oggi… E anche se risulta immediatamente leggibile, il bel gioco di questa copertina sta nelle lettere, facilmente leggibili come tali solo dagli stretti spazi tra di esse e i gli occhielli in rosso, con il fondo e le stesse lettere in rosa. Ili adopera la medesima parola AMORE per un’altra copertina dedicata a Tovaglia, dove torna alle lettere piene e ai colori del 1977, ma con sovrapposizioni realizzate con inchiostri serigrafici non coprenti per aggiungere altri colori. Il risultato è forse il gioco più bello di tutte le illeggibilità delle sue copertine.
Amore declinato
Il tema delle lettere solide e geometriche continua per il 1979, sempre con le sfide di decifrazione di una sola parola, ma rese ancora più difficili con quella parola AMORE in cinque altre lingue, ciascuna per una sola copertina. Si tratta sempre di intriganti composizioni grafiche, e nelle parole di Ili per il testo di AMOR leggiamo «Le copertine progettate per Serigrafia 79 […] composto da lune, piramidi, oggetti volanti attorno ai quali esiste solo colore sino all’infinito.» Dopo AMOR abbiamo LOVE dove le lettere sembrano dischi volanti nello spazio. Segue una copertina assai difficile, con le due strambe lettere E raddoppiate l’una sopra l’altra; e se il lettore non conosce la parola tedesca per amore, non riuscirà mai a decifrarla, forse anche malgrado un sottile suggerimento nel testo di Ili: «[…] si alzano come monoliti certe fortezze grigie di granito. Tipicamente teutoniche nella tipologia.» E l’immagine che contiene la parola assomiglia davvero a una fortezza grigia. Impossibile per chi non conosca qualche lingua dell’est Europa è la parola slava LIUBA; aiuta poco ciò che è, forse, il suggerimento di Ili («Rivoluzione d’ottobre») che comunque riferisce al fondo rosso della copertina. Meno difficile è il compito di decifrazione della parola AMOUR della copertina successiva perché Ili ci dà un altro suggerimento meno arcano, nel suo testo: «[…] si sente il Bolero di Ravel misto al profumo di Eau de Cologne.» L’ultima della serie è una monumentale O montata sopra una basamento realizzato con le altre lettere. Ed è nel testo per questa copertina che il clemente Ili rivela l’arcano della serie con «amor, love, liebe, amour, liuba, amore».
Negli anni 1981, ‘82 e ‘83, Ili ci intrattiene con i profili di ritratti rinascimentali, rielaborati con i suoi tipici schizzi lineari. Riconosciamo una famosa figura femminile di Pollaiolo («Madame Polliaiola»), il Duca di Montefeltro con il famoso naso sconciato, e qualche disegno di Leonardo. Ma anche in questa serie l’autore non resiste a proporci occasionalmente qualche parola da decifrare insieme a un profilo.
Il Forma come risposta della Nebiolo all’Helvetica
Per la sua ultima copertina del 1985 vediamo una scimmia con un’enorme lettera S del carattere Eurostile di Aldo Novarese. Sotto questa integrata immagine figurativa/tipografica vediamo un’immagine tipografica della parola Serigrafia con ogni lettera in un carattere completamente diverso; qualcuna in alto, altre in basso ma tutte gioiosamente ballando insieme. Scrive Ili nel suo testo «Se i bambini giocando con il loro personal non scriveranno più A come Asino, B come Bisonte e C come Colomba bensì C come Courier, E come Elite, S come Square perdendo quel poco di poesia legata ad un luogo comune, di chi sarà la colpa? Si consolino gli amici tipografi, questi non sono caratteri da stampa, li chiamano Font e sono già mostri antidiluviani.» L’ultima copertina del 1981 è un profilo monocromatico della moglie «annoiata» del pittore Carlo Carrà; il fondo che lo circonda è fatto di parole quasi illeggibili scritte a mano velocemente in righe dal basso al alto. Pare che il testo sia un riferimento personale di Ili, ma è l’effetto grafico che interessa noi: una trama calligrafica agitata che negli anni a venire servirà sporadicamente per immagini grafiche su altre copertine. Invece, le cinque copertine con profili che seguono, sempre schizzati con diversi strumenti, sono integrati con campioni di caratteri tra i quali troviamo Forma (n. 45, 1982), risultato di una collaborazione del gruppo di grafici milanesi (Iliprandi, Grignani, Munari, Tovaglia, Neuberg ecc.) con la fonderia tipografica Nebiolo. Ili allude a questa collaborazione in un’altra copertina. Forma era inteso dalla Nebiolo e dal gruppo come una risposta all’ormai onnipresente Helvetica; sebbene Ili lo usasse spesso nei suoi progetti e si sia anche interessato ad una versione digitale, Forma, un lineare «grotesk», non ha conseguito un posto rilevante nella storia della tipografia, malgrado i forti investimenti da parte della Nebiolo.
Divagazioni sulla storia del carattere
Un riconoscimento delle straordinarie qualità grafiche, tipografiche e artistiche di Iliprandi per Serigrafia sta in un libro pubblicato da Corraini nel 2005, con il faceto titolo Letterando Lettering. Si tratta delle copertine di Ili dal 1986 fino alla fine dell’avventura delle copertine artistiche di Serigrafia comprese 18 copertine realizzate ma mai usate. Nelle serie progettate per gli anni ’93, ’94 e ‘95 Ili continua a sorprenderci con la sua audacia e con la sua versatilità nel saltare da uno stile a un altro, ma soprattutto sono le sue evocazioni storiche dei caratteri e le sue parodie tipografiche che ci interessano.
Nel suo testo del primo numero del 1989: «A qualcuno di noi […] piace ancora giocare con le lettere dell’alfabeto, con le scritture, con i fonemi mescolandoli, divertiti, tra di loro per proiettarli dal passato nel presente.» L’immagine di copertina consiste in tre righe di lettere etrusche, perfettamente geometriche, con un testo scritto a mano tra una lettera e l’altra, che allude alle scritture primitive italiane. Sulla copertina che segue la «lezione» di storia diventa più concreta con rappresentazioni della capitale rustica, del corsivo maiuscolo del terzo secolo e degli «onciali» dove riconosciamo i prototipi delle nostre minuscole.
Poi, arriva una copertina dove Ili osa, addirittura, giocare con la Bibbia di 42 righe di Gutenberg. Uno dei contributi straordinari dell’inventore era di comporre e stampare le righe in colonne perfettamente giustificate, e nella copertina vediamo una colonna a sinistra, nel famoso carattere gotico «Textura», giustificata; quella a destra invece è davvero proiettata dal passato al presente perché è composta a bandiera. Poi Ili corre avanti di tre secoli per giocare con un testo preso dal Manuale tipografico del 1788 di Bodoni.
Per le sei copertine del 1990 torniamo indietro ai caratteri romani e corsivi dei maestri del Cinquecento: Nicolas Jenson, Antonio Blado, Aldo Manuzio, Claude Garamont e Robert Granjon, Charles Estienne e Christophe Plantin. Le copertine sono identificabili come una serie da tre o quattro elementi grafici uniti da una forte pennellata di rosso, un testo calligrafico scritto da Ili nella sua grafia (che lui stesso confessa illeggibile), una colonna di testo del tipografo rappresentato e un enorme iniziale (J per Jenson, B per Blado ecc.). Tutti questi elementi sono immagini grafiche assemblate per creare un insieme che è mai statico, sempre armonioso ma anche dinamico. Bodoni, «Mio Dio ancora Bodoni», è il tema delle sei copertine successive, ma questa volta con enormi lettere in una versione digitale di Bodoni e un breve e sempre più illeggibile testo scritto a mano.
Gli ultimi inediti
Tra le tavole che restano (non usate) di questa lunga e forse unica esperienza nella storia dei periodici, particolarmente notevole è una con la parola calligrafia scritta velocemente, forse con un pennello, bianco su fondo beige; la parola esprime rabbia, è decisamente aggressiva. Nel suo testo all’interno Ili spiega l’ambiguità della parola calligrafia intesa come arte del bello scrivere: «[…] non sarebbe bello ciò che è bello ma bello ciò che piace», proprio come la sua parola calligrafia. Per concludere, devo menzionare una tavola che considero un capolavoro di «iliprandismo». Sopra un ideogramma cinese, bianco su fondo verde pallido, vediamo in verde più scuro una pagina ispirata dal manuale di calligrafia di Francesco Pisani del 1640. Decifriamo una caricatura di due draghi che reggono una stemma sotto una corona. Mentre ogni elemento dell’originale di Pisani è un tratto di penna continua, con un tratto continuo di pennello, Ili ci offre la sua caricatura.