G.B. Bodoni
La prima volta che chi scrive vide ed apprezzò il carattere cosiddetto bodoniano fu sui libri di scuola. Anche se nell’immediato seguito fu iniziato al gotico. Ricordate l’abbecedario ostico a Pinocchio? A come asino, B come balena C come cane. Poi, mentre ancora si sporcava le dita con i colori ad olio vi fu la grande rivoluzione, l’incontro con un piccolo, vivace, duro grafico svizzero.
Che aveva progettato il marchio della Rinascente accostando al Futura di Renner il Bodoni corsivo e che del carattere Bodoni, come del Futura, aveva fatto la sua bandiera. Un amore a prima vista confermato dalle scelte di Boggeri, di Steiner, di Muratori. Glorificato da Franco Maria Ricci in un indimenticato numero di Pagina, diretto da Bruno Alfieri, annunciante la ristampa del manuale.
Erano tempi duri per la vecchia tipografia che si riproponeva a fianco delle Neue Typographie dei Muller Brockman, ma era comunque il bisogno di affermare la Tipografia come fondamento base del nostro lavoro.
Ed il Bodoni più elegante di oggi dove lo ritroviamo? Sulle copertine di certi annual giapponesi dove il senso della proporzione grafica, il rigoroso nero delle aste verticali contrapposto alle grazie leggere fa ancor testo. Comunque pare tuttora incredibile che in un fine secolo di damaschi e broccati, di parrucche incipriate, di asimmetrie barocche qualcuno, un designer, si sia preoccupato di lasciare secchi segni di bulino a concludere l’avventura dei caratteri romani.
Trasformando i segni, derivati dagli amanuensi, in geometria.
(testo originale apparso in Serigrafia n.36** – agosto 91)