Serigrafia 44

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… dall’Alpi alle Piramidi…
Da Hugo a Bartes il passo è breve.
Questa storia del carattere si fa sempre più affascinante per tutti gli scorci panoramici che continuamente ci apre e per quelli, più segreti, che continuamente ci nega.
È bastato che un anonimo scalpellino costretto a terminare le aste delle proprie lettere con un taglio triangolare nella pietra, inventasse la cosiddetta grazia. L’Egizio è l’apoteosi della grazia e ne è la morte per indigestione. Il bisogno di dare loro solidità e resistenza durante la stampa ad impatto ne sancisce la decoratività, la grazia diventa il segno distintivo di un’epoca di comunicazione popolare, attecchisce in America si diffonde come un contagio diventa il contrassegno distintivo della corsa all’Ovest dal Negheb dilaga nel Tennessee ed è il marchio di un’epopea western come lo Stetson, la Colt ed i carri dei pionieri.
Un luogo comune come il Bodoni per l’Abbecedario o gli Elzeviri per la partecipazione di nozze.
Non ci si dimentichi però di Mr. Remington e delle sue prime macchine da ufficio, delle prime impact-printers che oggi viaggiano a suono di margherite e di testine ruotanti. Genitrici di tutte le stampanti seriali che ci affliggono con il loro sincrono ronzio.
Ma soprattutto non si lasci cadere l’oblio sulla bella principessa bambina. Nefertiti nacque una seconda volta, la vollero battezzare Danielle ma, poiché i genitori erano di pelle scura e di lingua anglosassone, la dovettero chiamare Donyale e per cognome d’arte la ragazza, diventata una delle più famose top models, si scelse Luna.
Donyale Luna è morta per overdose alcuni anni fa, a Roma.
Forse non proveniva originariamente dall’Egitto, come dall’Egitto non provengono i caratteri che raccogliamo nella famiglia degli Egizi.
Ma quel certo occhio che da solo riesce a ricordarci le dinastie dei faraoni ci osserva con la insistente tragica dolcezza del suo sguardo ricordando, a tutti quelli che amano non dimenticare, il filo sottile che lega i destini femminili troppo giovani di Nefertiti, di Maria di Nazareth, di Giulietta Capuleti e di chissà quante Marie o Donyale disperse nel West Side.
La scoperta dell’alfabeto ci ha aperto ai doni della narrazione.
Senza questo linguaggio saremmo rimasti orfani della poesia e non potremmo raccontarci la tragica storia di Luna vissuta per nostra jattura nel breve «espace d’un matin».
(testo originale apparso in Serigrafia n.44** – dicembre 92)
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